Domenica 29 ottobre alle 18,30 GRIOT ospita la presentazione del libro “Matrimonio siriano” di Laura Tangherlini
A discuterne assieme all’autrice ci sarà la giornalista Luce Tommasi (Radio Impegno)
“Troverete nel libro di Laura storie di siriani torturati per ordine del regime, testimonianze di famiglie finite ostaggio nei quartieri dei ‘ribelli’, storie di palestinesi che si vedono arrivare nei campi tutti quei siriani dei quali, un tempo, diffidavano. Una sola cosa unisce quasi tutti i protagonisti. Il rimpianto, il desiderio struggente di tornare là dove un tempo era la loro casa, in quella terra avita che i più giovani ricordano appena. È un desiderio forte che l’autrice condivide. In cui si riflette e che sublima nel suo amore per la Siria”. (dall’introduzione di Corradino Mineo)
“Matrimonio siriano” è un reportage in parole e video sul dramma siriano: diario di viaggio di un matrimonio e, soprattutto, raccolta di voci e testimonianze dei tanti profughi – in maggioranza bambini e donne – incontrati nei campi in Turchia e in Libano dai due neosposi, che hanno voluto aiutare i piccoli orfani siriani attraverso i preparativi e i regali del loro giorno più bello. Il libro, corredato da un documentario e da quattro canzoni inedite del musicista Marco Ro’ – due delle quali scritte e cantate insieme all’autrice – è una nuova finestra di verità aperta su un mondo, quello della guerra in Siria e dei milioni di persone che ne pagano le conseguenze sulla loro pelle, nella totale indifferenza dei media. Con la donazione dei diritti d’autore derivanti dalle vendite, lo scopo primario di “Matrimonio sirirano” è quello di aiutare attraverso i progetti di Terre des Hommes i bambini siriani che hanno bisogno di sostegno.
Laura Tangherlini, è giornalista e conduttrice di Rainews24, dove è membro della redazione Esteri. Studiosa di lingua e cultura araba, nel suo lavoro si è più volte occupata di Medio Oriente. E’ autrice di Siria in fuga (2013, premio Fiuggi Storia come miglior Opera Prima) e Libano nel baratro della crisi siriana (2014, con Matteo Bressan, premio Cerruglio 2015).

ella cucina, polveri colorate, semi profumati, cortecce e radici che evocano paesi lontani e ci fanno sognare un mondo magico. Il profumo elegante del cardamomo, quello pungente e dolcemente aromatico del pepe lungo oppure quello lievemente amaro della polvere di curcuma che fa splendere di giallo oro i sari delle donne indiane. Non solo le solite note come cannella, noce moscata, chiodi di garofano e pepe ma ne conosceremo tantissime.
“A piccoli passi” è un saggio nato da una ricerca sul campo svolta in diverse città italiane che – analizzando le relazioni dei minori stranieri non accompagnati con gli operatori delle comunità, gli insegnanti e il mondo del lavoro – studia le opportunità che vengono offerte a questi giovani per integrarsi in Italia. Il loro percorso di educazione alla cittadinanza attiva appare ricco di ostacoli, che possono essere ricondotti principalmente alla scarsità di risorse umane e alla mancanza di finanziamenti congrui, senza dimenticare la presenza di numerosi scogli burocratici. Il passaggio alla maggiore età diventa un momento estremamente critico, in cui gli (ex)minori rischiano l’isolamento e la clandestinità. In questo libro, dunque, l’autrice elabora la proposta di un percorso formativo per consentire ai ragazzi che arrivano nel nostro Paese come “minori stranieri non accompagnati” di potenziare le proprie competenze e diventare cittadini attivi.
Laure Gilbert lavora con la trasmissione orale (non è quindi necessario saper leggere la musica), allo scopo di sviluppare l’ascolto e le competenze canore di ogni partecipante. Il suo insegnamento si basa sul divertimento e sul piacere del canto corale, capace di creare naturalmente l’armonia tra le persone. Uno dei numerosi valori trasmessi da questa esperienza è quello dell’incontro attraverso l’aspetto universale della musica, un “
o di viaggio e il reportage, “I tuffatori di Casablanca” è un libro che aiuta il lettore a comprendere il Marocco di oggi ripercorrendo – con sguardo ora meravigliato, ora disincantato – i luoghi della sua storia, testimoni di una mescolanza di popoli, culture e tradizioni che in epoca di muri e diffidenza appare ancora più straordinaria.
“Ho visto la rivoluzione e la guerra da lontano, e poi ho passato al vaglio centinaia di video e testimonianze, molte delle quali terribili, prima di decidere che dovevo fermarmi un po’ per non essere sopraffatto dalla disperazione, dalla rabbia e dall’impotenza. La scrittura di questo lavoro ha significato ritornarci, affrontare di nuovo quelle immagini e quei testi, cercando di tenere lontani i mille rivoli di odio che dalla Siria, in forme spesso trasfigurate, degradate o meschine, si espandono nella rete e fuori. Ne sono uscito con la convinzione definitiva che la Siria nel 2011 era un paese meraviglioso nonostante il regime di Bashar al-Asad. I suoi rivoluzionari, la maggior parte dei quali è di gran lunga più giovane di me, ne erano il cuore. Guardando alla forza, al coraggio e alla generosità di coloro che per la rivoluzione sono morti e di chi è ancora vivo e attivo, ho intravisto una luce alla fine del tunnel”.
A dispetto dell’agognata indipendenza dal nord arabo e musulmano, proclamata il 9 luglio 2011 – a sette mesi esatti da un referendum plebiscitario in favore della secessione, che faceva sperare nell’inizio di un’effettiva democrazia – il Sud Sudan versa, dal dicembre 2013, in una rovinosissima guerra civile. A insanguinare il Paese, da un lato, le truppe leali al presidente Salva Kiir del gruppo etnico dinka (il più numeroso), dall’altro, quelle nuer, allineate con l’ex vicepresidente Riech Machar, sollevato forzosamente a pochi mesi dall’insediamento. Trecentomila, i morti in oltre quattro anni; quattro milioni gli sfollati interni e due milioni i profughi; cinque milioni i mandriani e fittavoli in balìa della fame e delle carestie; unico lavoro realmente diffuso, seppure il più pericoloso, quello militare (si stimano 16.000 bambini-soldato). È qui che, dal 2009 al 2016, Daniele Moschetti ha svolto il suo mandato in qualità di Superiore dei missionari comboniani del Sud Sudan ed è sempre qui che, mosso da una vera e propria necessità di restituzione verso un Paese al quale si sente legato profondamente, ha cominciato a scrivere il libro “Sud Sudan. Il lungo e sofferto cammino verso pace, giustizia e dignità”, che si apre con una sentita introduzione di papa Francesco.
Lo stereotipo di un’Africa “lontana” da “noi”, dilaniata da guerre, malattie e fame affonda le sue radici nel nostro passato coloniale e, nonostante i molteplici tentativi di smontarlo (tentativi che spesso provengono dagli stessi Paesi africani), questo stereotipo sembra essere più forte che mai, veicolato ogni giorno da media che spesso si rifiutano di descrivere la complessità di un continente dinamico, oltre che sterminato ed eterogeneo.
o laico del giornalista Farid Adly ci racconta il Corano con un linguaggio chiaro e senza pregiudizi anti-islamici o pro-islamici. Lo scopo del libro non è insegnare il Libro Sacro o la religione ma quello di esplorarne le radici e il contesto sociale in cui è nato: scopriremo le diverse interpretazioni del testo coranico, la riforma delle istituzioni teologiche islamiche, il difficile equilibrio tra resistenze e necessità. L’analisi di Adly è un invito al dialogo e alla conoscenza di una religione al di là degli estremismi, soprattutto per “salvaguardare le seconde generazioni di migranti dal cadere vittime della propaganda degli estremisti. Nel libro ho mosso forti critiche a chi interpreta il Corano alla lettera non contestualizzandolo per il suo tempo di 1400 anni fa, soprattutto sui temi della donna, della violenza e dello schiavismo” (Farid Adly).