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Igiaba Scego, Siamo tutti gli assassini di Abdul

Siamo tutti ggli assassini di Abdul
Di Igiaba Scego.
I biscotti mi hanno detto erano i Ringo, proprio loro, quelli dove nella pubblicità un bambino bianco e un bambino nero uniscono le loro mani in un saluto metropolitano. Abba avrebbe preso un pacco di quei biscotti, dicono. Furto reale, furto presunto. Non si è capito fino ad ora. L’unica cosa certa è che Abba è morto e Fausto e Daniele Cristofoli sono accusati dell’omicidio. Un padre e un figlio che si sono uniti nell’odio per un altro essere umano. Qui non ci sono biscotti e percezioni che tengano. C’è solo la spranga di reale. Ora noi tutti reagiamo contro l’omicidio. Ci indigniamo, come giusto, organizziamo maratone letterarie antirazziste, cortei. Ma nel fondo del cuore a me rimane un senso di malessere e di colpa. In questi giorni ho visto la foto di Abdul, di questo bellissimo ragazzo, ovunque. Spesso accanto alla foto una scritta: Siamo tutti Abdul. Io però temo che siamo tutti gli assassini di Abdul. Temo che sia colpa nostra se oltre alla cacca di piccioni a Via Zanutti troviamo altro, troviamo il sangue di Abdul, segmenti infinitesimali della sua materia celebrale. È colpa nostra se Abba è morto. Perché viviamo in una Italia infelice e non facciamo nulla per cambiare questo stato di cose. Samir Kassir giornalista libanese, morto in un attentato nel 2005, prima della sua assurda fine aveva fatto in tempo a pubblicare un pamphet dal titolo L’infelicità araba. Kassir scrive: “Non è bello essere arabo di questi tempi. Senso di persecuzione per alcuni, odio di sé per altri, nel mondo arabo il mal di esistere è la cosa meglio ripartita. […] Da qualsiasi parte lo si esamini, il quadro è fosco”. Kassir parla del mondo arabo, ma io penso che nemmeno essere italiani è bello di questi tempi. Io nata a Roma da genitori somali, italiana seconda generazione, soffro il razzismo, come Abba, come tanti. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Si parla di immigrazione, si crea paura perché affrontare gli altri temi non conviene a nessuno. È la solita politica del capro espiatorio. Ne sanno qualcosa i 6 milioni di ebrei fatti morire da Hitler per nascondere le magagne del Reich. “Se stai male italiano” ti dice la politica, l’impresa, l’intellighenzia “è colpa dell’altro. Di quel brutto rumeno. Di quello sporco negro”. E tu italiano, depresso, ci credi, perché non sai più dove sbattere la testa, perché non arrivi a fine mese o perché hai studiato tanto, ma non sei figlio di papà. Sei arrabbiato perché in questa terra di poeti, santi, navigatori hai minori opportunità (che si riducono drasticamente se sei donna). L’evasione fiscale, la camorra, il traffico selvaggio dei rifiuti, la scuola smembrata (e lasciata sola), il baronato universitario, questi e tanti altri sono i problemi. Quelli veri. Il razzismo è solo la conseguenza dell’immobilità di tutti noi italiani (bianchi, neri, gialli, a pois, cattolici, mussulmani, ebrei, atei, di destra, di sinistra, progrillo, proguzzanti).
Siamo tutti gli assassini di Abdul e siamo molto malati.
Gurariremo?

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Lisa Ginzburg, Abba

Abba, di Lisa Ginzburg
Abdoul Gibre era un ragazzo di seconda generazione. Nato e cresciuto in Italia ma con radici più lontane. “Per la prima volta abbiamo scoperto di essere negri” dicono, composti e lucidi nel più forte dolore, i suoi familiari. Dopo che lui, “Abba”, è stato massacrato e ucciso su un asfalto qualsiasi, un’alba di fine estate. A un altro ragazzo di seconda generazione sentiamo dire: “All’estero posso sentirmi italiano, molto più che qui”. Le identità negate, quelle finalmente riconosciute, ma altrove. La discriminazione cieca, la furia di chi solo può avventarsi su chi appare diverso, colpibile perché “straniero”, inerme perché non “uguale”. L’Italia non è capace. Di capire che la storia ha camminato più veloce dei preconcetti, e il paese è comunque diventato multietnico. In modo scomposto, incivile, disseminato di mattanze di vario genere: ma un paese multietnico. Questo troppi italiani si ostinano, con stolida, bieca chiusura a non voler riconoscere. La stessa retrograda rimozione fa sì che non si ammette il razzismo, le dimensioni fuori misura del suo dilagare. La tragedia di Abdoul, i suoi occhi luminosi di fiducia nella vita (quel sorriso, come dimenticarlo?) sono un monito. A impegnarci davvero, ognuno come sa e può. La sua morte orrenda ci dia la misura del baratro di ignoranza in cui navighiamo, tra oblìo delle radici e semina di macerie future. Se è tardi per renderci conto, non lo è per cercare di nuovo. La dignità della convivenza civile, il respiro dell’accoglienza, l’umiltà del reciproco riconoscimento.

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Cristina Ali Farah, Mappa dell'amore

Mappa dell’amore, di Cristina Ali Farah.
Testi scritto in occasione della maratona di letture in memoria di Abdoul Guibré. Pubblicata sull’Unità del..
Aspetta, lasciami attraversare la soglia a occhi chiusi
la sedia del re è vuota, il guanto mostra l’investitura,
il potere è sconnesso
Veli e disveli, sguardo obliquo, ubiquo
Com’è facile, dopo tutto, ingannare alla vista
(nascondi il braccio imputato)
ammaestrare i confini del vuoto
Ho scavato la terra a mani nude per trovare il segreto e quel che resta
di tremila vergini in terracotta,
vene d’acqua, nidi e tombe sotto strati di sabbia e di pelle
Le mie dita disegnano frammenti e specchi,
cancellati dalla memoria
Risalgo i battiti del tempo,
mia madre, la madre di mia madre, matrioske perforate
Datemi una candela perché io possa guardare dentro
e ricomporre la mappa dell’amore nei corpi sconsacrati

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Jorge Canifa, Notte Assassina

NOTTE ASSASSINA, di Jorge Canifa Alves

Scesa è la Notte
improvvisa e fredda e assassina
e segue il negro italiano
da lontano… MOLTO LONTANO
tanto lontano quanto dannatamente vicino!!!
Scesa è la Notte
e senza ad essa badare
RAPpa il negro con gl’amici suoi:
“E se rubassi un biscotto?”
“Conta già che sei morto!
Perchè il nero ti tradisce
e la giustizia fallisce!”
Scesa è la Notte
improvvisa e fredda e assassina
e ferma i suoi passi al bar in chiusura
e semina spine xenofobe
nei due pregiudicati cuori!
Scesa è la Notte
e senza ad essa badare
contan la grana le “perbene” genti
“Abbiamo ben fatto cassa?”
“Conta solo questo me basta!
Perchè la grana ingrandisce
se il negro non ti aggredisce!”
Scesa è la Notte
e sparito è un biscotto
tum-tum-tum-tum-tum-tum
scappa giovane Abba, scappa
… levàti ha i veli la notte
ed ecco gli occhi assassini degli orchi inseguire…
Scesa è la Notte
e sparito è un biscotto
ciac-ciac-ciac-ciac-ciac-ciac
prendilo quel negro, prendilo
… levàti ha i veli la notte
ed ecco il negro di merda scappare…
scappa, scappa, scappa, scappa
prendilo, prendilo, prendilo, prendilo
scappa, prendilo, scappa, prendilo!!!!
prendilo, scappa, prendilo, scappa!!!!
Scappa il giovane Abba
che inciampa però nella
nera sua pelle africana
e allora, solo per questo è raggiunto
e si scatenanno sulla
nera sua pelle africana
sulla nera sua pelle africana
la Furia e l’Odio Recondito
degli orchi e pregiudicati e assassini suoi
Ed eccola la Notte ferma!
e osserva tutto quell’odio e il sangue!
e giudice: accusa di furto il giovane ucciso!
e giudice: proscioglie dall’odio le bestie assassine!
Ed eccola la Notte ferma!
e osserva tutto quell’odio e il sangue!
mentre oscurano i MEDIA
il dolore degli Abba, negri immigrati!
mentre cercano i MEDIA
il dolore delle orchi, bestie assassine!
Scesa è la Notte
improvvisa e fredda e assassina!
Scesa è la Notte
improvvisa e fredda e indifferente!
Scesa è la Notte
Scesa è già la Notte…
Scesa è ormai la Notte.
Pubblicato su l’Unità

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Abdourahman A. Waberi, Ode per Abdul Guibre

Abdourahman A. Waberi, Ode per Abdul Guibre
Mentre in Francia l’ormai 80enne leader del Front National, Jean-Marie Le Pen, col suo carico d’odio, appende i guantoni al chiodo lasciando ai suoi eredi un bilancio nullo, l’Italia di oggi scopre con spavento che parte dei suoi cittadini vorrebbero buttare a mare tutti quelli che non hanno il colore della pelle, la religione e il cognome giusti. Ecco allora che africani, magrebini, Rom e altri sfortunati extracomunitari sono messi alla gogna, e non soltanto negli stadi di calcio di cattiva reputazione. Rieccoci al razzismo e al fascismo! Neanche essere omosessuali a Verona porta bene, di questi tempi. Né esibire una targa automobilistica della Romania quando si vuole andare a Milano o altrove in quel Nord così freddoloso, così geloso delle sue ricchezze e così assorbito da se stesso. Ho la netta sensazione che il vecchio paese sornione e raffinato sia sull’orlo di una crisi di nervi. Anzi, peggio: è inebetito dopo l’inutile morte di Abdoul Guibre, un giovane italiano di 19 anni.
Dove sono finiti i suoi grandi viaggiatori curiosi ed empatici, tutti eredi di Marco Polo, tutti aperti all’altro? Penso a penne della tempra di un Claudio Magris, o di Gianni Celati, che aveva così ben descritto il Mali. Che cosa dicono oggi i grandi ingegni transalpini – almeno quelli che conosciamo in Francia, da Antonio Tabucchi a Giorgio Agamben, da Erri De Luca a Umberto Eco ?
Sarebbe illusorio voler vivere nell’isolamento, come predicano certi politici italiani, quando le sfide del mondo moderno ci invitano alla massima apertura – dei mercati, delle idee, ma anche delle persone. Certo, nessun paese sfugge all’illusione di dovere soltanto a se stesso il suo sviluppo, le sue conquiste, le sue arti e le sue specificità. E tuttavia, l’esperienza dimostra che le imprese umane prosperano appieno soltanto se gli orizzonti sono vasti e le menti aperte ai quattro venti del mondo.
Fuori d’Italia, siamo in tanti a non aver visto questo paese, un tempo tanto luminoso, accartocciarsi pericolosamente su se stesso. Di questo passo diventerà sempre più provinciale, fino a ridursi a una pallida imitazione di sé, o peggio, a un luna park per il resto del mondo… A meno che la popolazione e la società civile – in breve, la «moltitudine» cara a Toni Negri – non faccia sentire la sua voce. Esigendo l’instaurazione di un clima di rispetto e di tolleranza per tutti, misure più umane per coloro che vengono riaccompagnati alla frontiera, e l’applicazione della legge – tutta la legge – a chi minaccia la vita dei cittadini, quale che ne sia la razza, la religione o l’orientamento sessuale. Solo così vedremo finalmente i Le Pen locali, come Gianfranco Fini o Umberto Bossi, gettare anche loro l’infame spugna.
Abdourahman A. Waberi
scrittore francese e di Gibuti
[Traduzione di Marina Astrologo]

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21/12, ore 18.30: Il neoliberalismo della compassione, incontro con l'antropologa sudanese Fadl

Domenica 21 dicembre, ore 18,30, incontro con:

Amal Hassan Fadlalla
(prof.  di antropologia e Women’s Studies alla University of Michigan at Ann Arbor,)

Il neoliberalismo della compassione: l’attivismo umanitario per il Darfur e i media statunitensi.

All’incontro parteciperanno Sandro Triulzi (storico dell’Africa, Università di Napoli L’Orientale) e Francesca Declich (antropologa, Università di Urbino).

L’antropologa sudanese Amal Hassan Fadlalla discute del modo in cui i media occidentali e le campagne umanitarie a favore del Darfur presentano la tragedia del Darfur, dandone un’immagine semplicistica come di un’aggressione degli “arabi” sudanesi contro i “neri” sudanesi e oscurandone le radici economiche. In Sudan, spiega Amal, la definizione di chi sia considerato “arabo” è continuamente in discussione; le linee di divisione etniche e razziali sono complesse (ad esempio, si viene definiti non solo “bianchi” o “neri”, ma anche “verdi”, “marroni” o “blu”) e si intrecciano a contrapposizioni su base geografica e ai conflitti per l’accesso a terra e risorse, esacerbati dalle politiche economiche dell’ultimo venticinquennio.

Le campagne pro Darfur, che si caratterizzano come animate da compassione umanitaria dell’Occidente per i diseredati del Sudan, finiscono per riprodurre una rappresentazione che relega le vittime africane nel ruolo di passivi recettori di aiuti esterni, ne sopprime il potenziale di autoliberazione e oscura il ruolo politico che gli stessi interventi umanitari hanno.

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14/12, ore 19.00: Romanzi sudafricani sotto l'albero. Consigli di lettura di MP. Guarducci

DOMENICA 14 DICEMBRE, ore 19,00

Romanzi sudafricani sotto l’albero: Dalla Gordimer a Coetzee.. consigli di lettura – di e con Maria Paola Guarducci

"Il vecchio muore e il nuovo non riesce a nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati" scriveva Gramsci. Preso a prestito dalla Gordimer, il termine "interregno" si adatta bene alla descrizione della fine dell’apartheid in Sudafrica, una fase storica densa di aspettative, emozioni, sogni di libertà, ma anche disillusioni.

Domenica 14 dicembre, alle ore 19.00, presso la libreria GRIOT, Maria Paola Guarducci, esperta di letteratura africana anglofona e dei rapporti tra letteratura inglese e imperialismo, presenterà il suo ultimo libro – “Dopo l’interregno. Il romanzo sudafricano e la transizione” – fornendo una introduzione agli autori noti e meno noti del romanzo sudafricano, dai premi nobel Nadine Gordimer e J. M. Coetzee, a scrittori come Zoe Wicomb e Sello Duiker, e tracciando il profilo storico e letterario di un paese contraddittorio in cerca di una nuova identità.

Una guida ad una letteratura densa e vivace, ricca di romanzi da scegliere, regalare o leggere sotto l’albero di Natale per conoscere un passato non troppo lontano e capire il presente.

 

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14/12, ore 11.00: Secondo incontro del Gruppo di Lettura: "Il complesso di Mandela"

Domenica 14 dicembre, ore 11.00
Gruppo di Lettura, secondo incontro

Coordina Maria Teresa Carbone

Al suo secondo incontro, il gruppo di lettura continua la lettura de  "Il complesso di Mandela" di Lewis Nkosi (Giunti Blu), un romanzo sudafricano uscito in Italia quest’anno. Nkosi è uno scrittore molto noto nei paesi di lingua inglese, come narratore e come saggista, anche se da noi, prima di questo libro, era stato tradotto una ventina d’anni fa solo "Sabbie nere".  Per chi conosce l’inglese, una prima introduzione alla figura di Lewis Nkosi la si può trovare in rete, su Wikipedia o nel sito culturebase.net. Ma il link più interessante porta alla “London Review of Books”, alla recensione che lo stesso Nkosi ha scritto nel 1998 a proposito di una biografia di Chinua Achebe: un articolo quindi che può servire sia per cominciare a conoscere la precisione di linguaggio e l’ironia (due tratti distintivi dello stile di Nkosi), sia per accostarci alla figura di Achebe, “progenitore della moderna letteratura africana di lingua inglese”, l’autore di Things Fall Apart (Il crollo, Edizioni e/o), che sarà il successivo “libro condiviso” del gruppo di lettura, la prima vera e propria tappa del nostro percorso attraverso i capolavori della narrativa africana.
 
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13/12, ore 18.00: Philia ed amicizia: metamorfosi di un concetto da Aristotele a Facebook







SABATO 13 DICEMBRE, ore 18,00

 

Philia ed amicizia: metamorfosi di un concetto da Aristotele a Facebook.


La libreria GRIOT ti propone di condividere con tutti i tuoi amici una riflessione sul concetto di amicizia e sulle sue metamorfosi, invitandoti a partecipare alla presentazione dell’ultimo libro di Daniele Guastini, docente di Poetica e Retorica all’Università La Sapienza di Roma: "Philia e amicizia. Il concetto classico di philia e le sue trasformazioni".

Cos’era per gli antichi la philia? E in che cosa il moderno concetto di amicizia, oggi veicolato e a sua volta già in parte trasformato anche dallo stesso social networking, si differenzia da quello di philia? Dove, quando e con quali effetti sul piano culturale, etico, religioso e soprattutto politico, questa differenziazione ha avuto luogo? E perché il cristianesimo ha cambiato così a fondo l’antica idea di amicizia?

Con un linguaggio lontano dallo specialismo accademico, Guastini propone un percorso rigoroso e avvincente attraverso le metamorfosi di un’idea che permea la nostra vita quotidiana, permettendoci di leggere in modo nuovo alcune delle pagine più belle di Aristotele, Cicerone, Sant’Agostino, fino a Carl Schmitt.

Ne discuteranno con l’autore Tito Marci, docente di Sociologia giuridica all’Università La Sapienza di Roma, e Pietro Del Soldà, giornalista e dottore di ricerca presso l’Università di Venezia. Modererà Giulio Cederna.

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10/12, ore 18.30: In Burkina Faso architettura e cooperazione per i diritti delle donne

Mercoledi 10 dicembre, ore 18.30

FARE studio e AIDOS presentano

 
In Burkina Faso architettura e cooperazione lavorano insieme per i diritti delle donne

L’Associazione Italiana Donna per lo Sviluppo [AIDOS] è una ONG di donne
che da 27 anni lavora per l’affermazione dei diritti, della dignità e della libertà di scelta delle donne dei paesi in via di sviluppo (Pvs). Nel 2005 in Burkina Faso AIDOS ha avviato la realizzazione di Centro per la salute riproduttiva delle donne, progettato dallo studio di
architettura FARE di Roma, attraverso il quale per la prima volta un programma di lotta alle mutilazioni genitali femminili e di promozione della donna ha portato con sé anche la nascita di un polo di aggregazione in un quartiere poverissimo privo di identità e di qualsiasi elemento aggregante per la comunità.

La responsabile del progetto Paola Cirillo e i membri di FARE presenteranno il CBF_Centro per la salute e i diritti delle donne, racconteranno il loro lavoro fianco a fianco, il modo in cui sono riusciti a integrare due ambiti tradizionalmente estranei, e proporranno le loro riflessioni su un’esperienza umana e professionale ricca di sfide, che apre orizzonti inattesi di collaborazione tra architettura e cooperazione.