TI MINACCIO CON UNA COLOMBA BIANCA

Autrice: Al-Masri, Maram
Traduzione: Carlino, Bianca
Editore: Liberodiscrivere
Collana: Libero di stile
ISBN: 9788873881780
Pubblicazione: 01/01/2015

13,00

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Descrizione

La semplicità dei testi di Maram al-Masri ha da tempo varcato i confini della sua lingua araba per venire a provo-care in diverse lingue occidentali una specie di salutare soprassalto. Simile a quello che provocano testi che provengano dalla Cina o altri che ci tornano addosso, superando infinite autocensure e colpevoli omertà, dalle cantine e fondamenta delle nostre case, voci greche o latine, e protocristiane e altomedievali.
Che razza di poesia è questa che pare lontanissima da ogni riduzione accademica e libresca, questa voce flessuosa e inesorabile a tessere la propria chiarissima ed enigmatica tela intorno a un tema solo? Una ossessiva, dolce poesia d’amore che però conduce lontano dalle secche sempre pericolose del sentimentalismo o del dolciastro. C’è in questo gentile svenarsi una specie di meticolosa tessitura, come se procedendo per millimetriche variazioni del sentimento e delle prove d’amore, Maram al-Masri stesse filando e tessendo un arazzo la cui figura finale non è ancora visibile, e non sarà certo la sola rappresentazione di una storia d’amore, a-datta per spremere qualche verso femmineo. Intendo – o forse m’inganno? – un ultrasuono, un’altra canzone sottotraccia. O me-glio pare a me di vedere che il disegno che si va configurando in questa tessitura non è solo quel che ci si aspetta. Vero è che la raccolta racconta di una conclusione, di un trauma. E c’è dunque una conclusione, ma sono sicuro che questa poetessa continuerà a scrivere d’amore, a concentrarsi sulle vibrazioni e gli sconcerti del suo cuore, sul suo autoritratto. Certo, noi corriamo un rischio leggendo la al-Masri. Immersi in una tradizione lontana da quella a cui questa poetessa, pur da tempo vivendo a Parigi, appartiene, fatichiamo ad accogliere una poesia che lavori su elementi così essenziali e comuni.
Gli scorci di storia amorosa che cogliamo in queste poesie non sono “nulla di eccezionale”. Tanto è penetrata in noi la con-vinzione che la poesia debba trattare l’eccentrico in modo eccentrico, che quasi guardiamo con sospetto questa delicata concen-trazione su elementi feriali d’amore. Come se ci dovesse essere qualcosa dietro, o sopra o sotto. Ma la poesia autentica – quella di ogni latitudine d’orbe o di spirito – è mettere a fuoco l’esperienza con le parole. Parole che s’accendono in questo loro lavoro, di meraviglia e sofferenza, che consente a una donna di parlare della sua personalissima esperienza amorosa e a tante persone d’ogni tipo di riconoscersi. Ed è proprio sul terreno della lirica d’amore e della sua raggiante profondità che tradizioni anche lontane come quella araba o quella che nasceva nelle corti o nei chiostri europei trova assonanze a più livelli. Terreno reso comune dal lavoro re-moto e imminente di alcuni topoi, o metafore, o figure comuni. Come quelle che troviamo nella poesia forse più bella mai scritta da uomo, come dice Ungaretti. Si tratta di una lauda di Jacopone da Todi “O amore muto”, a cui si avvicina per temi e tono una poesia scritta negli stessi anni dal poeta arabo a Cadice, Ibn Had-dad.
Anche qui di questo amore si parla tanto, ma solo in apparenza. O meglio: l’amore è come un mare che ogni tanto rilascia i minimi segni di quanto avviene lontano dalla costa su cui siamo. Arrivano segni di un naufragio, o di una festa, reperti che portano con sé il sogno di una conversazione, sorprese. Si parla del mare, e in realtà non se ne parla quasi mai.
Perché è troppo grande, quel che ci arriva è quasi niente. E forse è questo che trasparirà nel disegno che Maram al-Masri sta irradiando. Forse è di tale “indicibile vasto” che le dicibilissime, le docili, le umili e preziose poesie di Maram continuano a parlare in ogni angolo del mondo, compreso nel nostro.