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Presentazione di "Dieu n'est pas un paysan", con il leader contadino Mamadou Cissokho

Domenica 19 Aprile alle 17.30, in occasione dell’uscita in Francia del libro “Dieu n’est pas un paysan”, ed. le Grad e Présence Africaine, il leader contadino Mamadou Cissokho, presidente onorario del ROPPA (Réseau des Organisations Paysannes et de Producteurs d’Afrique), incontra il pubblico di GRIOT e racconta le sue battaglie per un’agricoltura sostenibile e i diritti dei contadini in Africa occidentale.
Chi nutrirà l’Africa Occidentale? A questa domanda il libro di Mamadou Cissokho risponde in modo diretto: i “nostri appezzamenti familiari”. Da più di 30 anni, Cissokho milita perchè i contadini, spesso ancora analfabeti e per questo disprezzati, si uniscano e comincino a contare sulle proprie forze.

“Ricca di risorse e ricca in famiglie, scrive Cissokho, l’Africa occidentale è ormai ricca della crescente vitalità delle organizzazioni contadine”. Unendo allevatori, pescatori, e agricoltori, le piattaforme nazionali sono sorte alla fine degli anni 90. Al di là delle frontiere ereditate dalla colonizzazioni, prendiamo coscenza della nostra appartenenza a una comunità, la comunità degli stati dell’Africa Occidentale (la CEDEAO). E quest’ultima è ogni giorno più animata da gruppi di attori della società civile. Tra queste la Rete delle Organizzazioni contadine e dei produttori – Réseau des Organisations Paysannes et de Producteurs (ROPPA) che noi contadini di 10 paesi (Bénin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea, Guinea-Bissau, Guinea Conakry, Mali, Niger, Sénégal e Togo) abbiamo fondato nel 2000, a Cotonou e poi esteso al Ghana e alla Sierra Leone. » Questo libro racconta in modo personale e accattivante la storia di questa costruzione.

Mamadou Cissokho ha abbandonato il mestiere di insegnante per dedicarsi alla terra in un appezzamento familiare che ha creato a Bamba Thialène (a 400 km da Dakar) in Senegal. Accolto dai contadini del villaggio, Cissokho è diventato da allora l’ape operaia del movimento dei contadini dell’Africa occidentale. Nel maggio 2008, i suoi omologhi d’Africa del Sud, dell’Est e Centrale, gli hanno affidato il compito di creare le fondamenta della Piattaforma Panafricana dei Contadini e dei Produttori Africani.

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Qui va nourrir l’Afrique de l’Ouest ? A cette question d’actualité, Mamadou Cissokho, vous répondra sans détour : « nos exploitations familiales ». Depuis plus de 30 ans, il agit pour que les paysans – si souvent encore analphabètes et méprisés de ce seul fait – s’unissent et comptent sur leurs propres forces.

« Riche de ressources et riche de nos familles, écrit-il, l’Afrique de l’Ouest est désormais riche de la vitalité croissante des organisations paysannes. Unissant les éleveurs, les pêcheurs, les agriculteurs, les plateformes nationales se sont mises en place depuis la fin des années 1990. Au delà des frontières héritées de la colonisation, nous prenons conscience de notre appartenance à une communauté, la Communauté des États de l’Afrique de l’Ouest, la CEDEAO. Et celle-ci est, chaque jour, plus animée par des groupes d’acteurs de la société civile. Parmi ceux-ci, le Réseau des Organisations Paysannes et de Producteurs (ROPPA) que nous, paysans de 10 pays (Bénin, Burkina Faso, Côte d’Ivoire, Guinée, Guinée-Bissau, Guinée Conakry, Mali, Niger, Sénégal et Togo) avons fondé, en 2000, à Cotonou puis étendu au Ghana et à la Sierra Leone. » Ce livre raconte d’une façon personnelle et captivante l’histoire de cette construction.

Mamadou Cissokho a choisi, en 1974, de laisser sa craie de jeune instituteur pour devenir paysan au sein d’une exploitation familiale qu’il crée à Bamba Thialène (à 400 km de Dakar) au Sénégal. Dans ce village des paysans l’accueillent et lui font confiance. Depuis lors, il est la cheville ouvrière du mouvement paysan en Afrique de l’Ouest. En Mai 2008, ses pairs d’Afrique du Sud, de l’Est et du Centre lui ont confié le soin de créer la fondation de la Plateforme Panafricaine des Paysans et des Producteurs d’Afrique.

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"Asmara Dream” fotografie di Marco Barbon, testi di Cristina Ali Farah, Edizioni Postcart in coedizione con Filigranes.

Domenica 19 Aprile alle 19.30: Intervengono: insieme agli autori Marco Barbon (fotografo) e Cristina Ali Farah (scrittrice italo-somala), il sociologo eritreo Habte Weldemariam e l’editore Claudio Corrivetti

Questo libro è nato dal desiderio di evocare, attraverso immagini di dettagli urbani, interni e qualche ritratto, l’atmosfera caratteristica di Asmara, la capitale dell’Eritrea. Realizzato tra il 2006 e il 2008 con una macchina Polaroid SRL 690, il mio lavoro insiste sull’idea di una sospensione del tempo e della storia, tra un passato coloniale che ha lasciato delle tracce profonde sul volto della città e un presente che pare immobilizzato in un’attesa senza fine.
Mi sono chiesto più volte, durante i miei diversi soggiorni ad Asmara, a che cosa somigliasse la sensazione che provavo stando lì. Finalmente mi sono accorto che la sensazione era simile a quella di chi sta sognando. Il sogno è, in un certo senso, un’interruzione, una breccia aperta nel tessuto del tempo. Nel sogno tutto sembra avere un altro ritmo, un altro corso; le cose e le persone appaiono più aeree, più sottili, più astratte, come sospese in un limbo al di fuori del tempo. La stessa impressione coglie ad ogni passo chi visita questa città: il bancone di un caffè, la facciata di un edificio, un uomo che legge il giornale, un lampadario, l’insegna di un negozio… di fronte a tutto ciò viene da chiedersi in quale epoca ci troviamo, se siamo nel presente o in qualche luogo recondito della memoria. Ma dicevo del sogno. Asmara vive, per così dire, un triplice sogno. Innanzitutto il sogno dei coloni italiani che giunsero qui alla fine dell’Ottocento con l’intenzione di costruire, in Africa, una seconda Roma. Poi il sogno dell’indipendenza dall’Etiopia: un sogno diventato realtà nel 1991, dopo anni di coraggiosi combattimenti e innumerevoli sacrifici umani. Infine il sogno di chi, nella difficile situazione attuale, vuole fuggire a tutti i costi da questo paese, immaginandosi un futuro migliore oltre la frontiera.
Questi tre sogni, intrecciandosi, hanno tessuto e continuano a tessere il destino di questa città, ne hanno nutrito e continuano a nutrirne l’anima. Eppure il tempo passa e consuma. Le straordinarie architetture razionaliste, vestigia di un’epoca d’oro, invecchiano irrimediabilmente, le tracce del passato scoloriscono sotto il sole impietoso dell’altopiano; persino il sogno dell’indipendenza sembra perdere progressivamente consistenza…Che cosa resterà, allora, del sogno di Asmara?

Marco Barbon Nato a Roma nel 1972, vive e lavora a Parigi. Dopo una laurea in Filosofia all’università La Sapienza di Roma e un dottorato in Estetica della Fotografia all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, ha lavorato per quattro anni come fotoeditor per l’agenzia fotografica Magnum Photos. Attualmente si dedica a tempo pieno ai propri progetti fotografici, editoriali e didattici. Le sue foto sono state esposte in Italia e in Francia e pubblicate su alcune importanti riviste internazionali. Asmara Dream è il suo primo libro.

Ubah Cristina Ali Farah è nata a Verona nel 1973 da padre somalo e madre italiana. È vissuta a Mogadiscio (Somalia) dal 1976 al 1991. Collabora con la Cronaca di Roma di Repubblica e con Internazionale. In Italia suoi racconti e poesie sono stati pubblicati in diverse antologie. Nella primavera 2007 è uscito Madre piccola, il suo primo romanzo, edito da Frassinelli (Premio Vittorini 2008).


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Gli Hope Raisers: La musica per raccontare la vita in uno slum di Nairobi

Giovedì 2 Aprile alle ore 20,00 Daniel Onyango e Isaiah Kimani, due componenti degli Hope Raisers, saranno da GRIOT per presentare il documentario Akiongea_He’s talking e raccontare la loro esperienza.
Gli Hope Raisers sono un gruppo musicale nato nel 2005, sono ragazzi di Korogocho*, uno dei più grandi slums di Nairobi, che hanno scelto la musica come mezzo di denuncia, sensibilizzazione e conoscenza della vita in una baraccopoli. Le loro canzoni parlano dei diritti sociali, politici ed economici delle persone che vivono emarginate a causa della povertà, delle ingiuste relazioni economiche internazionali, della condizione giovanile.
La serata, organizzata dall’Ong IPSIA, che lavora a Nairobi per i diritti dei lavoratori, si concluderà con un aperitivo equo e solidale, il cui ricavato contribuirà a sostenere i campi di volontariato estivi promossi dalla stessa associazione.
Nella stessa sede sarà inoltre allestita una mostra fotografica curata dai volontari di IPSIA che l’estate scorsa hanno partecipato al campo di volontariato in Kenya.
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*Korogocho è uno dei più grandi slum di Nairobi, una delle numerose baraccopoli che è sorta ai bordi della grande capitale del Kenya in seguito all’enorme e disorganica crescita urbana degli ultimi decenni. E’ uno di quei luoghi in cui si vive in condizioni abitative precarie ( case di fango o lamiera), senza strutture sanitarie adeguate e scarse condizioni igieniche; è uno di quei luoghi-discarica in cui si è costretti a convivere non solo con i propri rifiuti, che le autorità locali non raccolgono più, ma anche con quelli della ricca Nairobi; un luogo in cui si sopravvive di lavoro informale, unica possibilità di mangiare e pagare l’affitto della propria casa in lamiera.
Questo e molto altro è Korogocho….
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Per informazioni sulle attività dell’associazione è possibile consultare i siti:
www.ipsia.acli.it
www.terreliberta.org

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ROMA SUNU SENEGAL – Roma il nostro Senegal: il Residence Roma di via di Bravetta si racconta

Venerdi 3 Aprile, da GRIOT si percorre il viaggio dall’esperienza del ghetto a quella dell’interculturalità: un percorso umano e politico della comunità senegalese a Bravetta e a Monteverde, insieme ai protagonisti dell’esperienza nata nel XVI Municipio.
L’incontro prenderà spunto dalla Proiezione di fotografie realizzate da Roberto Cavallini lungo un arco temporale che va dal 2006 al 2009, dove si descrive un percorso di riscatto umano ed artistico di alcuni senegalesi che per la loro storia di migranti si sono incontrati in un momento della loro vita al Residence Roma in via di Bravetta ed hanno proseguito il loro progetto migratorio diventando ambasciatori della cultura africana a Roma, nel resto d’Italia.
Interverranno: Badarà Seck (griot – Residence), Ousmane Ndiaje (mediatore culturale e Presidente della Consulta dei Migranti del Municipio XVI – Residence), Cire Gaye (Volontario Associazione Roma XVI con l’Africa – Residence), Vito Conteduca (vice preside del Liceo Montale – Bravetta), Fabrizio Fantera (professore del Liceo Morgagni – Monteverde), Annalisa Giannetti (presidente dell’associazione Roma XVI con l’Africa), Roberto Cavallini (fotografo – Monteverde).
Ospiti della serata: Fabio Bellini (presidente XVI Municipio), Paolo Masini (consigliere comunale di Roma PD)

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Donne di mondo: 8 marzo tra festa e riflessione

Domenica 8 Marzo, dalle 18.00 in poi: Giornata di FESTA e RIFLESSIONE sull’essere donne
L’8 Marzo di GRIOT è dedicato a una riflessione che vedrà come sottofondo poetico il volume “Passaggi a ovest. Poesia femminile anglofona della migrazione” curato dalla Prof.ssa Paola Splendore.
Le voci di questa antologia appartengono a donne nate e cresciute in paesi del mondo non occidentale da cui si sono allontanate per motivi diversi: emigrazione, ricerca di asilo politico, studio, lavoro. In gran parte inedite in italiano ma molto note nei paesi di adozione, le autrici parlano nei loro versi di un duplice spaesamento, da una terra e dalla lingua madre, rivisitando e sovrapponendo memorie, sonorità e immagini transnazionali.
Parleranno di spaesamenti, femminilità e donne (non solo migranti, ma anche italiane e cittadine del mondo) donne che non vi lasceranno indifferenti.

  • Paola Splendore, docente di Roma TRE di letteratura inglese (curatrice del volume “Passaggi ad Ovest”)
  • Lidia Riviello, poetessa (autrice di Rhum e acqua frizzante, G. Perrrone)
  • Cristina Ali Farah, scrittrice e poetessa, (autrice di Madre Piccola, Frassinelli 2007)
  • Gianna Fregonara, giornalista del Corriere della Sera
  • Angela Pascucci, giornalista del Manifesto (Talking China, Manifesto Libri 2008)
  • Igiaba Scego, scrittrice (autrice di Oltre Babilonia, Donzelli 2008)

Chiuderà la serata un omaggio a Miriam Makeba
musiche: Afreak
video: Marshiva

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Incontro del Gruppo di Lettura di GRIOT: "Il vaglia" di Sembène Ousmane

 
Sabato 21 marzo, dalle  11 alle 12.30 il gruppo di lettura della Libreria GRIOT continua il suo percorso attraverso i grandi libri della letteratura africana. Dopo Il crollo del nigeriano Chinua Achebe, e Il bevitore di vino di palma di Amos Tutuola, questa volta è il turno di uno scrittore-cineasta senegalese, Sembène Ousmane. “Il Vaglia” pubblicato in Italia da Jaca Book.
Il gruppo di lettura è aperto; non è necessario aver partecipato agli incontri precedenti.
Coordina Maria Teresa Carbone.
 

“Il Vaglia”: Una satira tagliente e spesso deliziosamente arguta della nuova borghesia africana post-indipendenza, divisa fra tradizioni patriarcali antiquate e una burocrazia negligente, rapace e inefficiente. Da questo libro Sembène Ousmane ha tratto anche un film dal titolo Mandabi (Il vaglia – Le mandat-, in francese), girato a colori in due versioni linguistiche, francese e wolof, premiato a Venezia nel 1968 con il Premio della critica internazionale. Apparso nel 1965, “Il Vaglia” è stato tradotto e pubblicato in Italia grazie a Jaca Book nel 1978.

La storia: Un uomo, Ibrahima Dieng, rispettabile padre di famiglia, riceve nel suo villaggio un vaglia da parte del fratello, partito a lavorare all’estero. Per poter incassare questo vaglia pero’, ci vuole una carta d’identità. E per avere una carta d’identità ci vuole un’estratto di nascita …. Insomma le difficoltà amministrative inevitabilmente mettono zizzannia nella famiglia, mentre il denaro, ancora non incassato, già viene speso e la situazione sfugge di mano. 

Sembène Ousmane: Padre del cinema senegalese e autore militante (1923-2007), Sembène Ousmane è stato uno dei personaggi che più hanno marcato il panorama culturale dell’Africa nel periodo immediatamente successivo all’indipendenza. Autore prolifico, fondatore nel 1969 del festival del cinema di Ouagadougou FESPACO, Sembène Ousmane nasce  nel 1923 a Ziguinchor nel sud del Senegal (Casamance); partecipa alla Seconda Guerra Mondiale nelle file dell’esercito francese. Dopo la guerra arriva a Marsiglia dove s’iscrive al partito comunista francese e inizia la sua attività di sindacalista,  milita contro la guerra in Indocina e per l’Indipendenza dell’Algeria.

All’inizio degli anni ’50 si dedica alla letteratura e nel 1956 esce il suo primo romanzo Le Docker noir (Lo scaricatore nero), un’opera autobiografica sull’esperienza dei lavoratori africani all’estero. Nei primi anni ’60 inizia ad avvicinarsi al cinema, sua antica passione, e decide di frequentare la scuola di cinema di Mosca e nel 1962 gira il suo primo cortometraggio, Borom Sarret (Il Carrettiere).

Il 1966 è un anno storico per il cinema africano: Ousmane realizza La noire de… (La Nera di…), il primo lungometraggio di finzione del regista senegalese e anche del cinema africano. Tra i suoi film: Ceddo (Il popolo, 1977), Campo Thiaroye (Campo Thiaroye, 1988) e Guelwaar (id., 1992) entrambi presentati in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, e appunto, “Il Vaglia”, premiato a Venezia nel 1968. L’ultima fatica cinematografica di Sembène Ousmane è stata Moolaadé (id. 2004), tra i pochi film africani ad essere stati distribuiti in Italia. 

Non esiste una voce italiana di Wikipedia su Sembène Ousmane. 

Link utili: 
http://fr.wikipedia.org/wiki/Ousmane_Sembène http://www.senegalaisement.com/senegal/ousmane_sembene.html

 

 

da Wikipedia Francia
Romanzi

  • 1956 : Le Docker noir
  • 1957 : Ô pays, mon beau peuple
  • 1960 : Les Bouts de bois de Dieu
  • 1962 : Voltaïque
  • 1964 : L’Harmattan
  • 1965 : Le Mandat
  • 2000 : Vehi-Ciosane, ou, Blanche-Genèse ; suivi du Mandat, Présence africaine.
  • 1973 : Xala, Présence Africaine, rééd. 1995
  • 1981 : Le Dernier de l’Empire
  • 1987 : Niiwam, suivi de Taaw (Éditions Présence africaine)
  • 2000 : Vehi-Ciosane, ou, Blanche-Genèse ; suivi du Mandat, Présence africaine, réed. 2000, ISBN 2708701703

 

Filmografia

  • 1963 : Borom Sarret, court-métrage
  • 1963 : L’Empire songhay, court-métrage documentaire
  • 1964 : Niaye
  • 1966 : La Noire de… (scénariste, réalisateur)
  • 1968 : Le Mandat (Mandabi) (scénariste, réalisateur)
  • 1970 : Taaw, court-métrage
  • 1971 : Emitaï (Dieu du tonnerre) (scénariste, réalisateur)
  • 1974 : Xala (scénariste, réalisateur)
  • 1976 : Ceddo (scénariste, réalisateur, acteur)
  • 1987 : Le Camp de Thiaroye (scénariste, réalisateur)
  • 1992 : Guelwaar
  • 2000 : Faat Kiné
  • 2003 : Moolaadé (scénariste, réalisateur)
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"Ritratto del passato": incontro con l'autore palestinese Ghassan Zaqtan insieme allo scrittore iracheno Jabbar Yassin Hussin

Sabato 28 marzo, alle ore 18.30: GRIOT presenta “Ritratto del passato”, Poiesis Editrice, dell’autore palestinese Ghassàn Zaqtàn.
Ne parlano con l’autore, le traduttrici-curatrici Lucy Ladikoff e Francesca Accarpio insieme al poeta e scrittore iracheno Jabbar Yassin Hussin.

Ritratto del Passato è un racconto che si snoda su una sequenza di ricordi, il cui oggetto è una donna tanto importante da non aver neppure bisogno di un nome: per tutto il racconto é semplicemente lei. Attorno a lei ruota tutto, tema personale e tema storico politico della Palestina, tema cultural popolare di una società araba che riflette su se stessa e sul proprio passato.
Tutto è rappresentato attraverso soliloqui introspettivi, dialoghi in cui fantasia e realtà si mischiano, emozioni del momento e nostalgia antica, solitudine individuale e dolore di un popolo abbandonato a se stesso, per il quale i ricordi degli oggetti e delle esperienze quotidiane tramandate da altri, diventano esperienza condivisa.
Il romanzo inizia con il dialogo interiore del protagonista, che è anche l’io narrante. Una riflessione per gridare la necessità del ritorno. Un ritorno a quei luoghi, a quelle espressioni di saluto, a tutto ciò che ricorda lei, deuteragonista del racconto. In questo soliloquio ad alta voce compare anche un terzo interlocutore fantastico a cui l’autore si rivolge ripetutamente nel corso del romanzo. Di primo acchito, il racconto sembra surreale, ma gradualmente ogni elemento assume una sua forma e collocazione precisa. Spesso il dialogo sembra avvenire fra tre interlocutori; in realtà il lettore avverte il colloquiare di due personaggi soltanto e si domanda se per caso il terzo si sia perduto. Attraverso un moto che a tratti sembra circolare, l’autore torna continuamente al passato per trovare il senso della presente ossessione, un continuo avanti e indietro tra passato e presente, dove c’è sempre lei. È una donna fatale, tutti coloro che l’ameranno saranno destinati alla morte: “Ti ho già raccontato, ho iniziato presto, prima del tempo, lei è la mia perdizione e lo sa, lei è quello che mi manca e sa anche questo…”.
Ghassàn Zaqtàn è nato nel 1954 a Beit Jala, un piccolo villaggio accanto a Betlemme. L’esilio lo ha portato a spostarsi in diversi luoghi: Siria, Giordania, Libano, Tunisia, lavorando come insegnante nei diversi campi profughi palestinesi di tutti questi Paesi.
Zaqtàn ha collaborato con il Movimento di Resistenza Palestinese diventando editore dal 1990 al 1994 di Al Bayàder(I campi), rivista letteraria dell’OLP. Solo nel 2004 riesce a rientrare a Ramallah in Palestina, dove tuttora vive. Oltre all’attività di scrittore egli é anche regista di documentari che descrivono le vicende attuali della Palestina. Accanto a numerose pubblicazioni e antologie, Ghassàn Zaqtàn ha pubblicato la sua prima opera narrativa nel 1995. Nel 1996 ha fondato insieme ad un gruppo di autori “La casa palestinese della poesia”; in seguito si è occupato della creazione di numerose riviste culturali e letterarie, editando la rivista trimestrale di poesie Al–Shu‘arà’ (I poeti) dal 1998 al 2003. Dal 2004 lavora al Ministero della Cultura come responsabile del settore letterario ed editoriale e dirige le pagine letterarie del quotidiano Al-Ayyàm (I giorni) a Ramallah.
Jabbar Yassin Hussin – è nato nel 1954 a Bagdad, Iraq. È il più grande scrittore iracheno vivente, in odore di premio Nobel. In esilio in Francia dal 1976, per sfuggire al regime di Saddam Hussein, è tornato a Baghdad nel maggio del 2003 dopo 27 anni. A partire dal 1984 pubblica novelle e testi di poesia su riviste francesi: Brèves, Roman, Contre Ciel, Sud, Levant, Aube… Nel 1991 pubblica “Aux rives de la Folie” (Sulle rive della follia) – l’Harmattan. Nel 1993 pubblica per la poesia “Un ciel assombri d’étoile” e  “Terre d’oubli”– Edition Parole d’Aube Kichkano–Alfil Editions, “Un cielo oscuro di stelle” e “Terra dell’oblio” entrambi tradotti Italia a cura di Lucy Ladikoff, ed. Aracne, Roma, 2006… Nel 1996 ha creato un’opera teatrale con il titolo “L’Absent” (L’assente). Ha diretto dal 1990 al 1992 gli incontri poetici franco-arabi di Poitiers e l’Incontro Internazionale della Poesia a La Rochelle nel 1993–1994. Membro del comitato di redazione della rivista Qantara, dell’Istituto del Mondo Arabo, Parigi. È membro del Comitato di redazione della rivista araba Kassas di Londra. Fa parte del comitato scientifico del Laboratorio Progetto Poiesis e dei Seminari di Marzo. Numerosi suoi scritti e poesie sono pubblicati sulla rivista da Qui. Nel 2000 esce il suo maggior romanzo “Le Lecteur de Baghdad” “Il lettore di Baghdad pubblicato in Italia dalla Poiesis Editrice, Alberobello, 2008., edizione Atelier du Gué. Nel 2002 è il libro “Histoires de Jour, contes de nuit”, Atelier du Gué, tradotto in Italia con il titolo “Storie di Giorno, racconti di notte”, ed. Argo, di Lecce. Tiene conferenze in ogni parte del mondo.
 
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Michelle Obama, dalla "Black women's liberation" alla Casa Bianca….

Domenica 5 Aprile ore 18.30, GRIOT presenta: “Michelle Obama, la first lady della speranza”, Nutrimenti 2009. Partecipano, Filippo La Porta, saggista, autore di “Diario di un patriota perplesso negli USA” E/O, 2008 e Costanza Ciminelli, esperta di storia afro-americana e di Black Feminism.

Barack Obama la chiama scherzosamente “The Boss”. Lei, con ironia pungente, in riferimento alla questione razziale negli Usa, si è definita “un errore statistico”. Di certo Michelle Obama, prima first lady afroamericana degli Stati Uniti, sembra destinata a giocare un ruolo di primo piano nella nuova stagione aperta con l’elezione di Barack Obama. E non solo come ‘consigliere privilegiato’ del presidente.
Il viaggio dal South Side di Chicago, della figlia di un operaio dell’acquedotto, fino al giorno dell’insediamento alla Casa Bianca, passa attraverso un fondamentale periodo di formazione, di convinzioni politiche e aspirazioni di impegno sociale. Michelle Obama, la studentessa di Harvard e laureata a Princeton nel 1985, si è nutrita di cultura militante la cui influenza va cercata in donne come Frances Beale (autore di “Double Jeopardy: To Be Black & Female), l’attivista Angela Davis, Deborah K. King e E. Frances White. Michelle Obama, porta alla Casa Bianca i valori tradizionali della comunità afro americana ma anche l’attivismo della “Black women’s liberation”…ben più di una first lady chic and strong….
Filippo La Porta è nato a Roma, nel 1952. Saggista e critico letterario, scrive suL’Unità, Musica! D di la Repubblica, il Manifesto e numerose altre testate. È, inoltre, autore di La nuova narrativa italiana, Travestimenti e stili di fine secolo (1995 e nuova edizione 1999), Non c’è problema. Divagazioni morali su modi di dire e frasi fatte (1997); Manuale di scrittura creativa (1999), Narratori di un sud disperso. Cantastorie in un mondo senza storie (2000). Ha altresì curato Racconti italiani d’oggi (1997) e, insieme ad Alessandro Carrera, Il dovere della felicità (2000). Il suo ultimo libro “Diario di un patriota perplesso negli USA”.
Costanza Ciminelli è Laureata in Scienze politiche con una tesi sulle lotte degli afroamericani dal 1954 al 1970 viste da alcune riviste italiane della sinistra laica e democratica (c.d. Terza forza), nel 2000  Visiting Scholar alla Emory University di Atlanta dove ha frequentato corsi di African-American History, Black Nationalism e Global Black Feminism, insegnando contestualmente italiano al Dipartimento di italianistica. Attualmente lavora come addetto stampa e redattore in ambito editoriale.
Letture consigliate:
White, E. Frances. Dark Continent of Our Bodies: Black Feminism and the Politics of Respectability, Temple University Press, 2001
Angela Davis, Women, Race, & Class, Vintage, Vintage Books ed edition, 1983
Angela Davis, Autobiografia di una rivoluzionaria, Minimum Fax, 2007
Frances Beale, “Double Jeopardy: To Be Black & Female, Radical Education Project, 1971
Deborah K. King, “Missing the Beat, Unraveling the Threads: Class and Gender in Afro-American Social Issues.” The Black Scholar, Special Issue: Afro-American Studies in the Twenty-first Century.
Deborah K. King, “Multiple Jeopardy, Multiple Consciousness: The Context of Black Feminist Ideology.” Journal of Women in Culture and Society.

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"Ferito", l'ultimo capolavoro di Percival Everett, fresco di stampa

Domenica 29 Marzo alle ore 18.30: Officina GRIOT presenta “Ferito”, l’ultimo capolavoro di Percival Everett, Nutrimenti 2009. Intervengono: Sara Antonelli, Dipartimento di Studi Americani, Università di Roma Tre; Leonardo Luccone, Editore delle Collane Greenwich e Gog. Letture di Valentina Pattavina.

Qualcosa sta per accadere – la consapevolezza di questa tensione è l’ossatura del libro – perché nulla accade mai a Highland, Wyoming, profondo e gelido West, dove un impenetrabile cowboy di mezz’età, uno tra John Wayne e Gary Cooper, vedovo, laureato in storia dell’arte con una passione per Klee, Kandinskij e le caverne, naturalmente nero vive la sua appartata quotidianità fatta di giornate che iniziano alle cinque e trenta, un centinaio di chili di escrementi di cavallo da spalare, cavalli difficili da addestrare, un cucciolo di coyote con tre zampe da curare. Perché la comunità locale, compresi gli amici del protagonista, apostrofa con pesanti epiteti il ragazzo gay scomparso? È l’intolleranza bruta che permea il doppio fondo dell’etica individuale, una reazione che ricorda da vicino i cartelli imbracciati da migliaia di persone comuni nelle contromanifestazioni “per ristabilire i princìpi etici” dopo il tragico omicidio del giovane Matthew Shepard nel 1998, sempre da quelle parti, dichiarato punto di partenza della riflessione di Everett. Con uno stile disadorno e lontano da qualsiasi genere, Everett dimostra che la narrativa è un mezzo, e che qui la suspance non è tanto data da ciò che il lettore non si aspetta che accada, ma dal fatto che accada ciò che il lettore sa perfettamente debba accadere.
Percival Everett L’Esquire l’ha definito “uno dei più coraggiosi scrittori sperimentali degli ultimi anni”. Personaggio poliedrico, è stato musicista jazz, tuttofare in un ranch (vanta un’esperienza di ben quattordici anni come addestratore di cavalli), professore di liceo. Attualmente si divide tra l’insegnamento (è professore di Letteratura alla University of Southern California) e la scrittura (autore prolifico, ha scritto oltre venti libri tra romanzi, raccolte di racconti e poesie, e saggi, esplorando quasi tutti i generi letterari; ed è improbabile che si fermi). L’interessato, invece, rifugge quell’epiteto e quello di scrittore postmoderno vantando tra i suoi maestri i classici scrittori americani di grande respiro come Mark Twain. I suoi libri sono tradotti e apprezzati in tutta Europa. In Italia sono usciti: nel 2007 Glifo per Nutrimenti e Cancellazione per Instar Libri; nel 2008 La cura dell’acqua per Nutrimenti.

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Presentazione di "Il mio cuore riposava sul suo" di Lara Santoro, Edizioni E/O

Domenica 15 Marzo, alle ore 18.00: Officina GRIOT è lieta di invitarvi alla presentazione di “Il mio cuore riposava sul suo”, di Lara Santoro, Edizioni E/O, 2009. Sarà presente l’autrice.

La mia Africa ci raccontò il continente nero attraverso gli occhi e il cuore di una donna bianca. Il mio cuore riposava sul suo è una bellissima variazione sul tema. Il Kenya però non è più quello nei cui cieli volavano innamorati Meryl Streep e Robert Redford. Più che la savana con gli animali selvatici, oggi contano gli slums con le bande di ragazzi affamati e i malati di Aids. Anna è un’inviata speciale. Beve molto, ha un caratteraccio, vive pericolosamente, ma ha un cuore grande che può contenere l’amore per due uomini, quello per l’Africa e quello straordinario e salvifico per Mercy, la sua donna di servizio nera, che diverrà amica e maestra di vita.
I due uomini che ama, Nick e Michael, non potrebbero essere più diversi tra loro. Nick è un dandy inglese che vive ancora la vita spensierata dei tempi coloniali. Michael è un reporter di guerra americano generoso e impulsivo. Mercy è una donna fenomenale. Corpulenta, vestita con pantaloni in finta pelle e una stringata canotta rosa, esce ogni mattina dalla sua baracca negli slums di Nairobi per andare a servizio nella bella casa di Anna e aprirle gli occhi sulla sua realtà di giovane bianca viziata, fino a trascinarla in una memorabile battaglia di donne africane contro l’industria farmaceutica che specula sull’Aids e nega i farmaci salvavita.

 
Il romanzo di Lara Santoro percorre la personale trasformazione di una reporter alle prese con quell’Africa devastata dalle epidemie e dagli interessi economici del mondo occidentale ma anche forte e decisa a lottare.
Acuto, commovente e pieno di suspence racconta la bellezza del continente nero e la sua realtà di terra straziata, attraverso l’intenso intreccio di relazioni, amori e tradimenti che permeano l’intera narrazione. Straordinario il personaggio di Mercy, donna fenomenale, corpulenta e bizzarra, che si fa maestra di vita della protagonista.
“Il mondo è un luogo bello e in rovina, e Lara Santoro è una voce nuova e sorprendente. Il mio cuore riposava sul suo è un romanzo stupendo.” 
Alice Sebold, autrice di Amabili resti