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Introduzione al teatro nigeriano di lingua inglese con Tiziana Morosetti.

Domenica 12 Dicembre, alle ore 17.30, Jane Wilkinson e Maria Paola Guarducci presentano il testo di Tiziana Morosetti “Introduzione al teatro nigeriano di lingua inglese”. Sarà presente l’autrice, modera Maria Teresa Carbone.

Segue Aperitivo di Natale con esposizione vendita di oggetti d’arte dal Senegal. The’ marocchino preparato al momento con la menta fresca da Redha, il mitico insegnante di arabo di GRIOT, accompagnato da nocciole e mandorle, piccola pasticceria libanese a base di miele e pistacchio e falafel, hummus e tabule’.


Il teatro nigeriano di lingua inglese è straordinariamente prolifico e ricco di talenti eccezzionali poco noti in Italia. Tiziana Morosetti offre una panoramica che va dal teatro itinerante alarinjo alla drammaturgia coloniale di Hubert Ogunde e Duro Ladipo, dal Nobel a Wole Soyinka fino alla produzione di Ben Tomoloju e ‘Biyi Bandele-Thoma. Ne risulta un volume di straordinaria utilità non solo per gli studiosi delle letterature in lingua inglese, ma anche per un lettore che voglia immergersi in una cultura teatrale complessa e stimolante.

Tiziana Morosetti ha conseguito il dottorato in Letterature e Culture dei Paesi di Lingua Inglese presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, dove è attualmente titolare di un assegno di ricerca. Ha pubblicato saggi di argomento postcoloniale su riviste nazionali ed internazionali, e si occupa in particolare del drammaturgo nigeriano Femi Osofisan. E’ caporedattrice della rivista “Quaderni del ‘900”, per la quale ha curato i volumi La letteraura postcoloniale italianaDalla letteratura d’immigrazione all’incontro con l’altro (2004) e L’Italia nelle letterature di lingua inglese dal 1900 a oggi (2007).

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Palm Wine Bar@GRIOT: Tra vino di palma, capitani di ventura e tamburi parlanti.

Domenica 5 Dicembre, alle ore 18:00, Palm Wine Bar@Griot, a cura di TPAfrica, vi da appuntamento per una serata tra vino di palma, capitani di ventura, tamburi parlanti e la musica Juju della Nigeria dell’indipendenza.


Nato negli anni ’30 dalla musica palm-wine che si suonava nei bar di Lagos, il Juju vide il suo massimo successo negli anni immediatamente successivi all’indipendenza – tra i ’60 e i ’70. Allora le orchestre Jùjù erano le più richieste per animare le lunghe notti di musica e danza in Yorubaland.

Siamo a Lagos, o a Ibadan, o a Ilorin, o in una qualsiasi delle città Yoruba della Nigeria sud occidentale. Il sole sta tramontando, e sul piazzale di terra circondato dagli edifici è stato allestito tutto il necessario per un Ariya, una celebrazione tradizionale di un matrimonio, un funerale, un compleanno o un battesimo. La gente seduta sulle panche sorseggia vino di palma e aranciata dolce, e consuma pietanze di ogni sorta cucinate dalle donne in enormi marmitte di alluminio argentato. Finalmente arriva il pulmino con gli artisti, sulle cui fiancate il nome della band è dipinto a lettere colorate. Sono in ritardo, e qualcuno della famiglia protesta con il capitano – il leader dell’orchestra – che inventa qualche scusa. Poco dopo lo spettacolo ha inizio, e ai bordi del piazzale, dove sfuma la luce dei riflettori, la gente del quartiere si accalca per godere della musica e per ballare.

La banda continuerà a suonare fino al mattino, con l’obiettivo di trattenere gli invitati il più a lungo possibile. Un’orchestra Jùjù è numerosa come una famiglia, e sul palco possono esserci anche una trentina tra percussionisti, coristi, chitarre, tastiere e giovani ballerine che si esibiscono nella fire dance, muovendo freneticamente i loro tondi sederi. Ijoya si dice in yoruba, muovi quel culo.

Le serate, rigorosamente accompagnate da vino di palma, sono curate da TP Africa (www.tpafrica.it), un’associazione nata per diffondere la musica e la cultura africana attraverso la costruzione di ponti per accedere a una terra fremente. Il suffisso T.P. – Tout Puissant (che può tutto) – vuole evidenziare il potenziale dell’Africa, che a volte non si esprime, ma anche quando accade, come nella musica, rimane spesso poco conosciuto.

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Buon Compleanno CAPOSUD!

Sabato 04 Dicembre alle ore 18.30 da GRIOT si festeggia il primo compleanno di CAPOSUD, l’unica rivista scritta solo da corrispondenti dei Sud del mondo.
Partecipano il Direttore Responsabile Tonio Dell’Olio e la Redazione di CAPOSUD.

Il 6 dicembre 2009 nasceva CAPOSUD: una sfida, il ritratto di un “mondo alla rovescia” che voleva e vuole contribuire a colmare il gap informativo Nord/Sud, da sempre sbilanciato verso i Paesi sviluppati e tendente a dipingere il resto del Mondo come Terzo, trascurandone troppe verità, positive e negative. Un gap che secondo CAPOSUD si può curare dando voce, prima di tutto, ai Protagonisti.
Vincitore del bando della Regione Puglia “Principi Attivi 2008”, ad un anno di distanza il bimestrale conta su rubriche “filo diretto” con realtà come il Sudamerica, l’Africa, il Medio-Oriente ed i Balcani.
Elemento importante e caratterizzante della testata anche gli scatti dei fotoreporter (italiani e non), mentre sul sito internet del giornale, www.caposud.info, su Facebook e sul blog si raccolgono le testimonianze dirette dei giornalisti e vive la comunità di “fan” online.
Indipendente e senza filtri, CAPOSUD non risparmia verità scomode e con una distribuzione nelle province pugliesi, oltre a due importanti centri di lettura come Roma e Milano, ha acquisito sempre maggiore struttura e consapevolezza.
L’occasione di festeggiare il compleanno di CAPOSUD da GRIOT, dove tutto è cominciato, sarà un modo per presentare alcune importanti novità relative al progetto editoriale e ritrovare gli amici che ci accompagnano in quest’avventura, a cominciare da Tonio Dell’Olio, direttore responsabile del giornale e coordinatore della sezione internazionale della nota associazione contro le mafie “Libera”.
Durante l’evento verrà presentato e distribuito il numero 6 della rivista.

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"Africa Bomber". Storia di Kalapapa "Kalas" Ngeri, dalla Nigeria agli stadi di Perugia.

Sabato 27 Novembre, alle ore 18.30, Giulia Galeotti e Massimo Ghirelli presentano da GRIOT “Africa Bomber”, la storia di “Kalas” dalla Nigeria agli stadi di Perugia.

 Interviene  l’autore Goffredo De Pascale, letture di  Mario Merone.


Un diciassettenne scappa da Port Harcourt, in Nigeria, perché è ricercato dalla polizia per il suo attivismo politico e sociale e per ragioni legate alla sua religione. È il bomber della sua squadra di calcio, scrive canzoni e canta in un gruppo hip hop denunciando le discriminazioni subite dalla sua gente. Nella fuga si dirige a nord, verso il Mediterraneo. Attraversa il Sahara in compagnia di un altro fuggitivo a dorso di cammello. Allo stremo delle forze viene soccorso da un gruppo di libici e riesce a raggiungere una fattoria. Clandestinamente lavora lì per un anno, poi il proprietario lo fa imbarcare, sempre clandestinamente, per Lampedusa.

Stipato su una carretta del mare approda in Italia. Dopo la lunga trafila in un centro di accoglienza, la Questura di Crotone gli riconosce lo status di rifugiato politico. Trasferito alla Caritas di Todi viene notato per le sue capacità calcistiche da un agente della Questura di Perugia che lo segnala al presidente di una squadra locale di seconda categoria, il Tuoro.

Oggi Kalas aspetta di realizzare il suo sogno: vincere il suo Mondiale lontano dall’Africa.

Goffredo De Pascale, giornalista, ha lavorato a «Paese Sera», «Ansa», «Roma», «l’Unità» e «Diario». Ha vinto il Premio Enzo Baldoni 2008 come ideatore e autore di Primo giorno di Dio, documentario sui bambini e le religioni monoteiste (Rai Tre). Ha collaborato a numerosi programmi radiofonici e televisivi. Da un’inchiesta sulla camorra scritta con Giantomaso De Matteis, Maria Pia Daniele ha tratto ispirazione per una commedia nera, Regine 416 bis. Ha pubblicato libri sull’opera di Fernando Birri, François Truffaut e Jacques Rivette; fa parte della commissione selezionatrice della Settimana Internazionale della Critica alla Mostra del cinema di Venezia.

La storia di Kalapapa «Kalas» Ngeri è scritta nelle pagine di questo libro.

Titolo: Africa Bomber
Autore: Goffredo De Pascale; Kalapapa “Kalas” Ngeri
Editore: Add Editore
Anno: 2010 pag. 192
ISBN: 978-88-96873-03-8
Prezzo: 15.00 €
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"Asmara, Eritrea". Video-racconto di una città tramite le memorie dei suoi abitanti.

Domenica 21 Novembre, alle ore 18.30, il secondo incontro dedicato alla memoria dell’esperienza coloniale italiana in Africa con la proiezione del documentario “Asmara, Eritrea”.

Intervengono la realizzatrice del documentario Caterina Borelli, la ricercatrice Catia Papa e Gabriel Tzeggai, esperto di urbanistica e già coordinatore del CARP – Cultural Assets Rehabilitation Project per la protezione e il recupero dei beni architettonici della città di Asmara.

Secondo incontro dedicato all’esperienza coloniale italiana nel Corno d’Africa, la proiezione di “Asmara, Eritrea” presenta la fotografia contemporanea di una città per certi aspetti rimasta ferma nel tempo. La bravura della regista Caterina Borelli emerge non solo dallo sguardo attento che si indovina dietro la macchina da presa ma anche dall’aver saputo, attraverso interviste con la popolazione locale, vestire di vita quotidiana quartieri ed edifici impregnati di storia. Il ricordo che gli abitanti di Asmara conservano della presenza italiana è lo stesso che si legge nella geografia della città, profondo, doloroso, decadente.

Caterina Borelli è regista e produttrice indipendente. Ha iniziato la sua carriera a New York dove è stata tra i gli artisti selezionati dal Whitney Museum (nel 1987 per l’Indipendent Studies Program) e ha insegnato in numerose università americane. Tra i principali documentari si segnalano “The Architecture of Mud” e “Qudad – reinventing a tradition”, girati in Yemen e “Asmara, Eritrea”. Dopo aver collaborato per vent’anni con il programma “Quark” di RAI 1, attualmente Caterina Borelli e’ Consulente Editoriale della trasmissione televisiva “Otto e mezzo” e regista de “Il punto”.

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"La colonna sonora dell'Impero". Canzoni e canzonette che hanno accompagnato l'avventura coloniale italiana in Africa. Percorsi sonori a cura di Piero Cavallari.

Domenica 14 Novembre, alle 18.30, il primo di due incontri dedicati alla memoria dell’esperienza coloniale italiana in Africa.

L’avventura coloniale italiana è una delle pagine più significative della storia del nostro paese e, tuttavia, una delle meno conosciute. Nei manuali di storia scolastici lo spazio dedicato all’impresa che il regime fascista portò avanti nel Corno d’Africa è esiguo e anche nel nostro quotidiano sono pochi i momenti che ci portano a pensare che il nostro paese ha partecipato attivamente alla corsa europea di conquista dell’Africa. Eppure, alla misconoscenza dei documenti dell’epoca non corrisponde nè una difficoltà di reperimento nè un’esiguità di materiale.

Con l’incontro “La Colonna sonora dell’Impero”, a cura di Piero Cavallari, ci si propone di riscopirre, attraverso testimonianze  sonore dirette, il passaggio degli Italiani in Abissinia per ritrovare nelle parole delle canzoni dell’epoca lo stato d’animo di una nazione che si accingeva a conquistare il “suo impero”.

Piero Cavallari lavora all’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisi (ex Discoteca di Stato-Museo dell’Audiovisivo). Ha firmato numerose pubblicazioni sul tema dell’utilizzo delle fonti storiche sonore e audiovisive tra cui “L’uso delle fonti storiche sonore nelle pubblicazioni audiovisive e multimediali”, “I beni audiovisivi come memoria storica dei territori” (in “Il suono e l’immagine: tutela, valorizzazione e promozione dei beni audiovisivi, a cura di Massimo Pistacchi, Bari, Edipuglia, 2008).

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"Spelix. Storia di gatti, di stranieri e di un delitto". Presentazione del primo romanzo di Annamaria Rivera.

Sabato 6 Novembre, alle ore 18:00, Annamaria Rivera presenta il suo primo romanzo “Spelix. Storia di gatti, di stranieri e di un delitto” (Edizioni Dedalo).

In compagnia dell’autrice, presentano la serata Jean-Léonard Touadi e Maria Immacolata Macioti.

Che c’entra un gatto con un omicidio, la xenofobia, la società autoritaria, il malaffare dei potenti? Per scoprirlo basta leggere questo romanzo.

Composto in forma di giallo, il romanzo è ambientato in un quartiere romano. I personaggi sono alcuni abitanti nativi, anziani e giovani, delle persone immigrate, due gattare, un veterinario polacco, un carabiniere atipico, un piccolo speculatore, una cricca di criminali prestigiosi e potenti, quattro cani e la colonia felina del rione. Un vecchio anarchico, erudito ed eccentrico, è l’alter ego della voce narrante, un’archeologa gattofila. Il gatto Spelix è il protagonista principale: è lui che dipana la trama che ha condotto all’omicidio, grazie al fiuto straordinario e all’abitudine di raccogliere oggetti da regalare alle sue protettrici. Il romanzo è un apologo, molto aderente alla realtà, sui cambiamenti subiti dalla città: il declino dell’amore e della protezione dei gatti, dice l’apologo, va di pari passo con la crescita del disprezzo e dell’ostilità verso le persone straniere o considerate diverse. Spelix è anche un tentativo sperimentale di restituire le parlate delle persone comuni, soprattutto il romanesco degli immigrati. In fondo è un’operetta morale sulla convivenza e il rispetto fra eguali e differenti.

Annamaria Rivera è antropologa, studiosa dei meccanismi e delle strutture del razzismo, attivista antirazzista. Insegna presso l’Università di Bari e altrove, abita in prevalenza a Roma col marito e alcuni gatti. È editorialista per i quotidiani «il manifesto» e «Liberazione», e collabora con altri giornali e riviste. Dirige la collana di studi e ricerche «Antropo-logiche» di questa casa editrice. È autrice, co-autrice e curatrice di numerose opere. Oltre alla scrittura saggistica coltiva quella creativa.Spelix è il suo primo romanzo.

Titolo: Spelix. Storia di gatti, di stranieri e di un delittto.
Autore: Annamaria Rivera
Editore: Edizioni Dedalo
Anno: 2010 pag. 208
ISBN: 9788822041685
Prezzo: 16.00€


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“Lo sguardo del leone”. Incontro con la scrittrice etiope Maaza Mengiste

Domenica 7 Novembre, alle ore 18.30, sarà ospite da GRIOT la scrittrice etiope Maaza Mengiste.

Opera strabiliante sulla tragedia di una rivoluzione e sull’insopprimibile bisogno di libertà degli esseri umani.

In un giorno del 1974, la vita di Hailu e di milioni di etiopi muta di colpo. Dal cielo terso e acceso dal sole di Addis Abeba, gli elicotteri dell’esercito imperiale lasciano cadere migliaia di volantini. Adagiandosi al suolo con la grazia di piume strappate, i fogli annunciano alla popolazione l’impensabile: la ribellione dell’arma a una «monarchia vetusta e decadente», incapace di assicurare alla giustizia i corrotti e i responsabili della carestia che flagella l’Etiopia.

Nei mesi seguenti, l’imperatore Hailè Selassiè, subito dopo aver firmato l’ordinanza di scioglimento del governo e del consiglio della corona, viene arrestato e trasportato in una modesta casa sulla collina che sovrasta la capitale. Nella notte fra il 26 e il 27 agosto del 1975, l’eletto del Signore, il monarca con nelle vene il sangue di re Salomone, il Leone di Giuda che ha combattuto Mussolini, viene soffocato con un cuscino e sepolto sotto il pavimento di una latrina, di fronte alla finestra dell’ufficio del nuovo tiranno, Menghistu.

Nei trent’anni trascorsi come medico del Prince Mekonnen Hospital, ribattezzato dal nuovo regime Black Lion Hospital, Hailu non ha mai visto una città così sconvolta come ora. Jeep e uniformi, marce militari e assemblee obbligatorie, una continua parata di manifesti propagandistici, stelle, falci e martelli, operai dall’aria fiera e con i pugni alzati e, soprattutto, incessanti arresti ed esecuzioni di intellettuali, notabili, aristocratici e funzionari imperiali finiti, inermi, nelle mani del Derg, il consiglio della rivoluzione, dopo essersi fidati della sua falsa promessa di non ricorrere a un bagno di sangue.

Il Derg ha trasformato persino l’ospedale in un luogo desolato, pieno di dottorini russi e pazienti etiopi mal assistiti e afflitto da una perenne scarsità di medicinali. Hailu tuttavia, non si ribella. Continua la sua vita segnata dalla solitudine seguita alla morte della moglie per un male incurabile, anche quando scopre che il figlio più giovane, Dawit, non frequenta affatto i corsi universitari, ma le riunioni clandestine della resistenza studentesca contro il Derg. Un giorno, però, al Black Lion Hospital viene trasportato il corpo di una ragazza avvolto in un foglio di plastica trasparente. Un corpo orrendamente torturato, i jeans e la camicetta a fiori letteralmente zuppi di sangue, i piedi che sporgono gonfi dall’estremità della barella. Un’oscenità inaudita, che costringe Hailu a drammatiche e inevitabili decisioni.

Maaza Mengiste è nata ad Addis Abeba e vive a New York. Si è laureata in Scrittura Creativa alla New York University, dove insegna. Nel 2007 è stata nominata New Literary Idol dal New York Magazine. “Lo sguardo del leone” è il suo primo romanzo, tradotto in numerosi paesi.

Titolo: Lo sguardo del leone
Autore: Maaza Mengiste
Editore: Neri Pozza
Anno: 2010 pag. 366
ISBN: 9788854503595
Prezzo: 17.00€