Descrizione
Per analizzare la complessità dei razzismi possibili è necessario frugare nelle manipolazioni in atto del linguaggio per un verso, come nelle continue ecdisi che il razzismo è capace di compiere migrando nelle strutture sociali a sua difesa dall’altro. Il significato dato, per esempio, alle parole hospes e hostis, è condizione che ha fatto perdere nel tempo la curiosità di conoscere l’ospite straniero e vincere, invece, l’affermarsi della paura dello straniero-nemico. Tutto ciò ha contribuito a distorcere l’uso quotidiano di parole come “stranieri” e “clandestini” e, accettando questo campo di battaglia non solo semantico ma anche di lotta, ha reso più forte il razzismo e i suoi sofisticati meccanismi nel rappresentare i migranti come briganti, determinando il superamento di una visione dicotomica del razzismo (dominio e sterminio) per approdare ad un razzismo da convivio, democratico, liquido, quasi impercettibile che conclude e naufraga nel definirsi non sono razzista, ma! Una precondizione che assoggetta l’altro come diverso e inferiore a noi, svelando il falso problema della regolarità o meno della loro presenza, rimandando a situazioni complesse che hanno a che fare con il nostro rapporto con l’Altro diverso da noi, sempre più, chiunque esso sia.