Il modo con cui ci avviciniamo all’opera dei grandi autori molto spesso ci fornisce una delle migliori vie d’accesso alla lettura e alla comprensione della nostra stessa condizione. Se ogni domanda sul passato ci viene imposta da bisogni politici del presente, l’interesse per l’opera di un autore può costituire il sintomo privilegiato attraverso cui interrogare la
specificità della nostra stessa congiuntura storica.
È questa una delle prime lezioni da trarre dall’attuale «ripresa» del pensiero di Frantz
Fanon in diversi ambiti della teoria sociale e politica internazionale. Come non leggere questa «nuova attenzione» nei confronti dell’opera di uno dei principali teorici del pensiero postcoloniale alla luce di ciò che la guerra globale permanente ha disseminato nel mondo negli ultimi anni? O senza collocare sullo sfondo il filo spinato di Guantanamo, gli iracheni torturati ad Abu-Ghraib, i quartieri rasi al suolo dai bombardamenti israeliani su Beirut o le macchine bruciate nelle periferie francesi? Il mondo di Fanon non è più il nostro mondo, ma tutti i suoi scritti parlano anche all’attuale «condizione postcoloniale». Una «condizione» che sarebbe sbagliato interpretare come una semplice prosecuzione o
mera ripetizione del sistema coloniale del passato e che si manifesta tanto nel tragico
Frantz Fanon nasce nelle Antille francesi nel 1925 e muore negli Stati Uniti nel 1961. Laureato in medicina e specializzato in psichiatria, è noto soprattutto per il suo impegno, politico e intellettuale, a fianco del popolo algerino in lotta contro il colonialismo francese.
Il programma è disponibile al seguente indirizzo:
http://www.villamedici.it/privato/articoli/213/italiano/Fanon.pdf