Nessuna aggravante!
Maratona di letture antirazzista in memoria di Abdul Guibre, cittadino italiano, ucciso a soli 19 anni per un pacco di biscotti.
Giovedì 18 settembre, Libreria GRIOT, ore 19,00
Nessuna aggravante razziale! L’omicidio di Abdul Guibre, un giovane italiano originario del Burkina Faso ucciso a sprangate domenica notte a Milano all’età di 19 anni per aver rubato un pacco di biscotti, non avrebbe motivazioni razziali: così dicono gli uomini di legge. Una ricostruzione discutibile che preoccupa tutti coloro che osservano con sgomento il crescente clima d’intolleranza in Italia.
Mossi dallo sdegno per il linciaggio e uniti dal ricordo del giovane Abdul, scrittori, attori e intellettuali si ritroveranno Giovedì 18 settembre presso la Libreria GRIOT, alle ore 19,00, per dare vita ad una maratona di letture antirazzista seguita da un dibattito animato da Jean-Leonard Touadi, deputato DS ed ex Assessore alla Sicurezza del Comune di Roma e Ali Baba Faye.
di Abdourahman A. Waberi
Mentre in Francia l’ormai 80enne leader del Front National, Jean-Marie Le Pen, col suo carico d’odio, appende i guantoni al chiodo lasciando ai suoi eredi un bilancio nullo, l’Italia di oggi scopre con spavento che parte dei suoi cittadini vorrebbero buttare a mare tutti quelli che non hanno il colore della pelle, la religione e il cognome giusti. Ecco allora che africani, magrebini, Rom e altri sfortunati extracomunitari sono messi alla gogna, e non soltanto negli stadi di calcio di cattiva reputazione. Rieccoci al razzismo e al fascismo! Neanche essere omosessuali a Verona porta bene, di questi tempi. Né esibire una targa automobilistica della Romania quando si vuole andare a Milano o altrove in quel Nord così freddoloso, così geloso delle sue ricchezze e così assorbito da se stesso. Ho la netta sensazione che il vecchio paese sornione e raffinato sia sull’orlo di una crisi di nervi. Anzi, peggio: è inebetito dopo l’inutile morte di Abdoul Guibre, un giovane italiano di 19 anni.
Dove sono finiti i suoi grandi viaggiatori curiosi ed empatici, tutti eredi di Marco Polo, tutti aperti all’altro? Penso a penne della tempra di un Claudio Magris, o di Gianni Celati, che aveva così ben descritto il Mali. Che cosa dicono oggi i grandi ingegni transalpini – almeno quelli che conosciamo in Francia, da Antonio Tabucchi a Giorgio Agamben, da Erri De Luca a Umberto Eco ?
Sarebbe illusorio voler vivere nell’isolamento, come predicano certi politici italiani, quando le sfide del mondo moderno ci invitano alla massima apertura – dei mercati, delle idee, ma anche delle persone. Certo, nessun paese sfugge all’illusione di dovere soltanto a se stesso il suo sviluppo, le sue conquiste, le sue arti e le sue specificità. E tuttavia, l’esperienza dimostra che le imprese umane prosperano appieno soltanto se gli orizzonti sono vasti e le menti aperte ai quattro venti del mondo.
Fuori d’Italia, siamo in tanti a non aver visto questo paese, un tempo tanto luminoso, accartocciarsi pericolosamente su se stesso. Di questo passo diventerà sempre più provinciale, fino a ridursi a una pallida imitazione di sé, o peggio, a un luna park per il resto del mondo… A meno che la popolazione e la società civile – in breve, la «moltitudine» cara a Toni Negri – non faccia sentire la sua voce. Esigendo l’instaurazione di un clima di rispetto e di tolleranza per tutti, misure più umane per coloro che vengono riaccompagnati alla frontiera, e l’applicazione della legge – tutta la legge – a chi minaccia la vita dei cittadini, quale che ne sia la razza, la religione o l’orientamento sessuale. Solo così vedremo finalmente i Le Pen locali, come Gianfranco Fini o Umberto Bossi, gettare anche loro l’infame spugna.
Abdourahman A. Waberi
scrittore francese e di Gibuti
[Traduzione di Marina Astrologo]